L'importanza dell'educazione
Nel 2003 Autismo Europa (www.autismeurope.org) ha emesso un documento sull’educazione da cui si traggono alcuni brani nella versione italiana ufficiale.
“Uno dei problemi che si incontrano è che molte delle capacità da insegnare sono talmente elementari che spesso riesce difficile considerarle come materia di insegnamento, e si tende a darle per scontate. Non possiamo fare affidamento su strategie “normali” di insegnamento, che non comprendono l’insegnamento delle capacità di base, dal momento che i bambini ” normodotati”, come pure i bambini con disabilità intellettiva senza le caratteristiche dell’autismo, le acquisiscono senza alcuna necessità di insegnamento, solo osservando ciò che fanno gli altri”.
Questi dati non sono intuitivi, anzi il senso comune spesso inganna e induce a clamorosi errori nella gestione delle persone con autismo, da cui la necessità di una formazione condivisa e di una azione sinergica tra tutti coloro che si devono occupare di queste persone in modo ben concertato: operatori sociali e sanitari, educatori, insegnanti e familiari.
Dell’autismo si occupano varie categorie di professionisti, oltre ad associazioni di volontariato, in particolare di genitori. Per tale motivo sono state stilate linee guida sia da organi statali che si occupano di salute e di educazione, sia da associazioni di Genitori che da Società mediche scientifiche come la SINPIA e infine da Consigli e Agenzie Sanitarie regionali e delibere di Giunte regionali: queste diverse voci, pur partendo da angolazioni diverse, convergono sul fatto che allo stato attuale delle conoscenze l’intervento maggiormente efficace sia l’educazione precoce, intensiva e strutturata.
Poche ore settimanali di terapia ambulatoriale non hanno nessun impatto sulla vita dei soggetti autistici, in quanto essi sono poi incapaci di generalizzare al contesto della vita quotidiana quanto appreso in un contesto strutturato. Nel contesto di vita i naturali educatori del bambino devono applicare le metodologie di insegnamento e di gestione del comportamento che si sono rivelate efficaci per acquisire abilità e per diminuire i comportamenti indesiderabili.
La buona scelta italiana dell’integrazione effettuata dalla Legge Falcucci n.517 del 1977 ha spesso avuto come effetto collaterale la perdita della specializzazione nella gestione educativa/abilitativa dei bambini con gravi fabbisogni educativi speciali, come quelli con autismo. L’ipotesi che sottostava all’abolizione delle scuole e delle classi speciali e all’inclusione dei bambini disabili nella scuola e nella classe di tutti era che il contesto, la vicinanza dei coetanei normali, fosse sufficiente a farli progredire, senza bisogno di specializzazione.
Purtroppo uno dei deficit più gravi dell’autismo è proprio la scarsa capacità di imitazione, per cui l’apprendimento naturale, tanto efficace nei normodotati ed anche in altri deficit intellettivi, è un punto di estrema debolezza nei bambini autistici e molte abilità di base, anche semplicissime, vanno insegnate appositamente con tecniche e strategie tutt’altro che intuitive, che devono essere oggetto di studio e di formazione teorica e pratica specifica da parte degli educatori.
Vi è una notevole evidenza che un intervento precoce porta ad acquisizioni utili, che vengono poi mantenute nelle età successive. La delibera di Giunta della Regione Emilia Romagna n.1066, protocollo del 7 giugno 2004, recita: “Le recenti ricerche internazionali documentano che un intervento precoce (tra i 2 e i 4 anni di vita) e intensivo (20 o più ore per settimana) permette significativi progressi nei bambini con autismo, anche più rapidi rispetto a bambini con altri gravi disturbi neurologici dello sviluppo (Rogers, 1996, 1998).” Si tratta di un intervento educativo grazie al quale, con tecniche appropriate per le quali devono essere specificamente formati i naturali educatori del bambino, genitori ed insegnanti, si devono insegnare quelle abilità che i bambini normodotati imparano per semplice imitazione nei primi anni di vita.
“Uno dei problemi che si incontrano è che molte delle capacità da insegnare sono talmente elementari che spesso riesce difficile considerarle come materia di insegnamento, e si tende a darle per scontate. Non possiamo fare affidamento su strategie “normali” di insegnamento, che non comprendono l’insegnamento delle capacità di base, dal momento che i bambini ” normodotati”, come pure i bambini con disabilità intellettiva senza le caratteristiche dell’autismo, le acquisiscono senza alcuna necessità di insegnamento, solo osservando ciò che fanno gli altri”.
Questi dati non sono intuitivi, anzi il senso comune spesso inganna e induce a clamorosi errori nella gestione delle persone con autismo, da cui la necessità di una formazione condivisa e di una azione sinergica tra tutti coloro che si devono occupare di queste persone in modo ben concertato: operatori sociali e sanitari, educatori, insegnanti e familiari.
Dell’autismo si occupano varie categorie di professionisti, oltre ad associazioni di volontariato, in particolare di genitori. Per tale motivo sono state stilate linee guida sia da organi statali che si occupano di salute e di educazione, sia da associazioni di Genitori che da Società mediche scientifiche come la SINPIA e infine da Consigli e Agenzie Sanitarie regionali e delibere di Giunte regionali: queste diverse voci, pur partendo da angolazioni diverse, convergono sul fatto che allo stato attuale delle conoscenze l’intervento maggiormente efficace sia l’educazione precoce, intensiva e strutturata.
Poche ore settimanali di terapia ambulatoriale non hanno nessun impatto sulla vita dei soggetti autistici, in quanto essi sono poi incapaci di generalizzare al contesto della vita quotidiana quanto appreso in un contesto strutturato. Nel contesto di vita i naturali educatori del bambino devono applicare le metodologie di insegnamento e di gestione del comportamento che si sono rivelate efficaci per acquisire abilità e per diminuire i comportamenti indesiderabili.
La buona scelta italiana dell’integrazione effettuata dalla Legge Falcucci n.517 del 1977 ha spesso avuto come effetto collaterale la perdita della specializzazione nella gestione educativa/abilitativa dei bambini con gravi fabbisogni educativi speciali, come quelli con autismo. L’ipotesi che sottostava all’abolizione delle scuole e delle classi speciali e all’inclusione dei bambini disabili nella scuola e nella classe di tutti era che il contesto, la vicinanza dei coetanei normali, fosse sufficiente a farli progredire, senza bisogno di specializzazione.
Purtroppo uno dei deficit più gravi dell’autismo è proprio la scarsa capacità di imitazione, per cui l’apprendimento naturale, tanto efficace nei normodotati ed anche in altri deficit intellettivi, è un punto di estrema debolezza nei bambini autistici e molte abilità di base, anche semplicissime, vanno insegnate appositamente con tecniche e strategie tutt’altro che intuitive, che devono essere oggetto di studio e di formazione teorica e pratica specifica da parte degli educatori.
Vi è una notevole evidenza che un intervento precoce porta ad acquisizioni utili, che vengono poi mantenute nelle età successive. La delibera di Giunta della Regione Emilia Romagna n.1066, protocollo del 7 giugno 2004, recita: “Le recenti ricerche internazionali documentano che un intervento precoce (tra i 2 e i 4 anni di vita) e intensivo (20 o più ore per settimana) permette significativi progressi nei bambini con autismo, anche più rapidi rispetto a bambini con altri gravi disturbi neurologici dello sviluppo (Rogers, 1996, 1998).” Si tratta di un intervento educativo grazie al quale, con tecniche appropriate per le quali devono essere specificamente formati i naturali educatori del bambino, genitori ed insegnanti, si devono insegnare quelle abilità che i bambini normodotati imparano per semplice imitazione nei primi anni di vita.